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Scienza e fede: uno scontro oggettivo o un contingente contrasto?

•Le posizioni principali del dibattito fede scienza in relazione al problema evoluzionistico.

•  Introduzione alla diatriba scienza fede. Aspetti storici e prospettive.

«… Diciamo, pronunziamo e sentenziamo che tu, Galileo suddetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S. Off. 0 veementemente sospetto d'eresia, cioè d'aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre Scritture, ch'il sole sia centro della Terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tenere e difendere per probabile un'opinione dopo esser stata dichiarata e definita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni e altre costituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti sii, assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li suddetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma che da noi ti sarà data.» Opere, pag. 402-406.1

«… pertanto, volendo io levar dalla mente delle Eminenze V. re e d'gni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li suddetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S. ta Chiesa; e giuro che per l'avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d'eresia lo denonziarò a questo S. Offizio o vero all'Inquisitore o Ordinario del luogo dove mi trovarò...» Opere, pag. 406-407. 1

Il 22 giugno 1633 queste parole riecheggiarono drammaticamente nelle austere stanze del convento della Minerva, in Roma. Il primo brano è uno stralcio del dispositivo accusatorio formulato dai membri del Tribunale Inquisitore del S. Uffizio a tal «Galileo, figlo.lo del q. Vinc.o Galilei di Fiorenza, dell'età mia di anni 70, costituito personalmente in giuditio…» 2

Seguono le parole recitate in ginocchio, davanti ai dieci Cardinali del tribunale, da un Galileo intimidito, avvilito, affranto, ferito nell'orgoglio. Questo epilogo consegnò ai posteri il caso Galilei, il gesto di oscurantismo ideologico più clamoroso della storia del pensiero occidentale moderno. Il processo a cui il pisano fu sottoposto rappresenta la pietra miliare del contrasto tragico tra scienza moderna e dottrina cattolica – con risalto forse maggiore dell'orrendo rogo su cui il filosofo nolano Giordano Bruno, dopo aver addirittura distolto negli ultimi istanti di vita lo sguardo dal Crocifisso, fu arso vivo il 17 febbraio del 1600 in Campo dei Fiori.

Il fatto che il 31 ottobre 1992, circa 359 anni dopo, il papa Giovanni Paolo II abbia dovuto solennemente chiedere scusa a nome della Chiesa ed ammettere la riabilitazione di Galileo, rende a piene mani l'importanza che anche le gerarchie ecclesiastiche, loro nonostante, hanno dovuto riconoscere a questo infausto evento della storia della Chiesa di Roma.

Sarebbe ovviamente auspicabile un'analisi approfondita di questo documento papale, che condurrebbe probabilmente a conclusioni, sfumature ed implicazioni assai diverse da quelle riportate in modo impreciso negli articoli giornalistici con cui l'opinione pubblica ha ricevuto questa notizia – nel senso che, al contrario dei proclami, il lavoro della commissione vaticana ha condotto ad una valutazione della questione molto di parte, eccessivamente garantista sotto il profilo politico delle autentico modalità e motivazioni del tribunale che giudicò Galileo. Ma non si ha qui l'intenzione di sollevare polemiche su questi ulteriori aspetti.

Il fatto che si vuol mettere in risalto, e che nulla e nessuno potrà mai mettere in dubbio o cercare di negare, è ben altro. Sia che il caso Galilei possa essere valutato come grave errore della Chiesa o quant'altro, l'essenza del confronto tra pensiero scientifico e ideologie di fede troppo spesso animate da manie oscurantiste e da vera e propria superbia, sarà espresso in eterno dall'ignobile abiura a cui il 22 giugno 1633 Galileo, uomo di curiosità intellettuale ed ingegno straordinari, padre della scienza moderna, fu costretto dal tribunale inquisitore del S. Uffizio di Roma. E nulla e nessuno potrà mai sovvertire che ciò fu motivato dal fine di sancire la dogmatica supremazia di una ideologia teologica sulla pura affermazione di una verità scientifica ! 3 Una verità pur anche piccola e limitata, scientifica: ma vera.

Galileo «… figlo.lo del q. Vinc.o Galilei di Fiorenza…», l'uomo Galilei, dovette abiurare davanti al tribunale del S. Uffizio di Roma, ripudiare il suo intelletto, le sue osservazioni, le sue libere idee di scienziato per questo e solo per questo. E q uesto e solo questo rappresenterà per sempre tale fatto : una violenza con la quale la verità scientifica della teoria copernicana venne fatta abiurare a Galileo per ammettere in suo luogo la falsità teologica di una concezione geocentrica. Questo accadde; e non viceversa!

Nel corso dei circa 370 anni che ci separano da quei giorni la querelle scienza fede ha vissuto altri periodi di notevole contrasto. Uno di questi casi derivò dalla pubblicazione di un libro destinato a diventare ulteriore e ben più profonda causa di conflitto tra scienza ed istituzioni religiose. Sarà un caso: ma troviamo ancora sugli scudi la Chiesa cattolica.

Il 24 novembre del 1859 infatti Charles Darwin pubblicò On Origins of Species by Means of Natural Selection presso l'editore londinese John Murray – scettico dell'opera, Murray concesse a Darwin una tiratura iniziale di sole 1250 copie… completamente vendute già nel volgere del primo giorno! Da questo epocale lavoro ha preso origine una corrente di pensiero inedita e potente, che ha assunto progressivamente un ruolo fondamentale nella querelle tra scienza e fede. Ebbene: quali sono stati gli sviluppi di questa ulteriore tappa del confronto?

È nostra intenzione approfondire i termini della questione, visto che il problema risulta quanto mai attuale e gravido di implicazioni profonde, specialmente alla luce degli sviluppi che la teoria dell'evoluzione ha costantemente mostrato nel tempo sin dall'iniziale formulazione; e in particolare a motivo del fatto che si stà delineando all'orizzonte un interessantissimo sviluppo teorico, fortemente basato sulla stessa ipotesi, in grado di ribaltare radicalmente le consuete posizioni in merito ad argomenti che, pur procedendo dall'ambito scientifico, convergono decisamente in molti ambiti della teologia.

Cerchiamo dunque di fare il punto delle contrapposte posizioni interpretative del tema. Restando alle più immediate reazioni della Chiesa cattolica alla teoria darwiniana, già nel 1860 i vescovi riuniti solennemente in Sinodo a Colonia espressero la loro profonda opposizione alla neonata teoria evoluzionistica dichiarando «… del tutto contraria alle Sacre Scritture e alla fede la sentenza di coloro i quali ardiscono asserire che l'uomo quanto al corpo, è derivato per spontanea trasformazione da una natura imperfetta, che di continuo migliorò fino a raggiungere l'umana attuale.» 4, 5

Altre solenni allocuzioni, avutesi per tutta la fine dell'800 e sino a pochi anni or sono, non hanno fatto altro che alimentare la polemica ed esacerbato il confronto. Oggi come oggi, come si accennava, forse tale querelle sta per riproporsi in modo inedito e quanto mai acceso. Quest'ultima affermazione potrebbe in realtà sorprendere non pochi lettori. In tempi recenti numerosi autori – nonché i vertici ecclesiastici – hanno ripetutamente sostenuto che l'originale, temporanea controversia tra teoria dell'evoluzione e dottrina cattolica sia addirittura sul punto di dissolversi nel nulla, che il problema sia quasi tacitamente rientrato dopo gli eccessi che contraddistinsero la prima diffusione di questo pensiero.

Varie sono infatti le voci sinora levate, vuoi di scienziati che di teologi, nel sostenere la tesi di una concordanza di fondo tra evoluzionismo e fede cattolica. Ovviamente, al di sopra delle eventuali voci dei pur più eminenti studiosi dell'argomento primeggia il discorso pronunciato da Giovanni Paolo II il 24 ottobre del 1996 all'assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze. Tale documento rappresenta la prima ammissione ufficiale dalla Chiesa cattolica in merito ad una teoria dell'evoluzione da intendere come scientificamente valida dopo l'enciclica Humani generis, con cui nel 1950 la stessa espresse una prudente ma reticente posizione dottrinale nei confronti dell'evoluzione naturale.

Parlando del dibattito scienza fede bisogna tenere in debito conto il fatto che, tra le teorie scientifiche moderne, la teoria dell'evoluzione ha rappresentato più di ogni altra il principale oggetto di controversia. Questo al di là dell'aspetto eminentemente epistemologico della questione, che condurrebbe a valutazioni a sé – più avanti riprese. È in riferimento ai fondamenti di questa teoria che il dibattito è diventato, specialmente nel passato, scontro al calor bianco e che, ancor oggi, s'infiammano di più gli animi. Questo è facile da verificare. Innanzi tutto si deve tenere in considerazione il fatto che la teoria dell'evoluzione ha avuto – unica tra le teorie scientifiche –addirittura l'onore di vedersi dedicare un importante documento da parte del magistero cattolico: l'enciclica Humani generis.

È in particolare sui fondamenti teorici della stessa che si è addensato come non mai l'interesse di entrambi i versanti della controversia. C'è da dire che altre discipline della scienza moderna, come la cosmologia, le teorie sulla natura profonda della materia, la relatività, etc. mostrano notevoli attinenze con questi temi, che si sovrappongono contemporaneamente sia negli ambiti dell'indagine scientifica vera e propria che in quelli che sino a tempi assai recenti erano totalmente appannaggio della speculazione filosofica e teologica. Ma nessuna di esse ha assunto il risalto né saputo esprimere il ruolo caustico e dissacrante che il pensiero evoluzionistico ha saputo rappresentare, sin dalla sua origine, nel dibattito scienza fede. È in merito agli sferzanti risultati dovuti all'applicazione dei principi teorici di fondo di questa teoria che si è espressa più esplicitamente la contrapposizione tra scienza e fede. In effetti, teorie come quella del big bang e principi desunti dalla fisica e dalla cosmologia moderne, quali il pur problematico Principio Antropico di John D. Barrow e Frank J. Tipler 6 od ancora le eventuali valutazioni teleologiche connesse alle cosiddette costanti fondamentali della natura 7, sembrano aver avuto – a causa della loro apparente capacità di saper quasi corroborare l'eventuale ipotesi di creazione – addirittura un'accoglienza entusiastica e positiva presso le varie gerarchie religiose e ovviamente tra i teologi attuali. 8

Ma è chiaro che certe conclusioni scientifiche sono molto più fluide, molto meno assolutistiche di quel che spesso ci si aspetterebbe in certi ambienti: la scienza mal si adatta ai dogmi di fede. In merito è possibile ricordare come Stephen Hawking, nel suo Dal big bang ai buchi neri narri, da irriverente matricola di college, di quando i Gesuiti lo invitarono nel 1981 in Vaticano assieme «… ad un certo numero di esperti per farsi dare consigli sulla cosmologia. Al termine del convegno i partecipanti furono ammessi alla presenza del santo padre. Il papa ci disse che era giustissimo studiare l'evoluzione dell'universo dopo il big bang. Ma che non dovevamo cercare di penetrare i segreti del big bang stesso perché quello era il momento della Creazione e quindi l'opera stessa di Dio. Fui lieto che il papa non sapesse quale argomento avessi trattato poco prima nella mia conferenza al convegno: la possibilità che lo spazio tempo fosse finito ma illimitato, ossia che non avesse alcun inizio, che non ci fosse alcun momento della Creazione. Io non provavo certamente il desiderio di condividere la sorte di Galileo, pur essendo legato a lui da un forte senso di identità, dovuto in parte alla coincidenza di essere nato esattamente 300 anni dopo la sua morte.» 9

Tornando all'evoluzione, la particolare considerazione in cui è tenuta la teoria evoluzionistica è confermata dal fatto che la stessa, tra tutte le teorie scientifiche, ha avuto il pregio – per taluni difetto – di far penetrare i segreti non tanto di una creazione da confinare al momento di un eventuale big bang, come diceva Hawking; quanto di rivoltare le modalità con cui sinora, specialmente nelle dottrine religiose, tra cui il cattolicesimo, si era comunemente intesa non tanto la creazione in sé dell'universo, quanto dell'uomo. È la particolare area d'indagine di tale teoria che fa la differenza rispetto alle altre teorie scientifiche, ed è la particolarissima, inedita risposta che il pensiero evoluzionista ha veicolato sin da subito a rendere il suo essenziale contributo nella controversia scienza fede.

Qui e solo qui si toccano più d'appresso aspetti connessi con la presunta creazione dell'uomo, della sua natura; è in tali ambiti, d'altra parte, che si definiscono condizioni ontologiche e dottrinali fondamentali del cattolicesimo e si andrà a collocare tutto il suo impianto teologico escatologico. Ma è proprio su questo specifico contesto ontologico, secondo il decreto del 30 giugno 1909 della Pontificia Commissione Biblica, che si stabiliscono per l'appunto i fatti che «… toccano i fondamenti della religione cristiana». 10 Fatti questi intesi, si badi bene, come perfettamente storici questi, a cui «… appartengono fra gli altri: la creazione dell'universo fatta da Dio all'inizio del tempo; la particolare creazione dell'uomo; la formazione della prima donna dal primo uomo; l'unità del genere umano; la felicità originaria della prima coppia umana nella condizione di giustizia, d'immunità e d'immortalità; l'ordine dato da Dio ai primi uomini per provarne l'ubbidienza; la loro trasgressione, in seguito alla seduzione del diavolo presentatosi in forma di serpente; la perdita dello stato primitivo d'innocenza a causa di questa trasgressione; infine la promessa del Redentore.» 11

Sono questi i fatti, e non miti dunque, che la teoria dell'evoluzione ha sospinto sotto le luci dell'indagine scientifica – sottraendoli dall'esclusività della speculazione teologica. E questi sono i fatti, assolutamente imprescindibili dottrinalmente, da cui procedono dinamiche che condurranno poi al mistero dell'incarnazione e della missione di Cristo, aspetti questi su cui si basa l'intera dottrina cattolica della salvezza – e ciò si riscontra analogamente nelle altre religioni di ceppo biblico.

Questa irriverente irruzione della teoria evoluzionistica in quegli ambiti così sacrali motiva l'interesse spasmodico che questa teoria ha catalizzato su di sé. Qualcosa che già Darwin aveva a suo tempo intuito quando scriveva al naturalista A. R. Wallace: «Lei mi chiede se affronterò il problema dell'uomo... penso che eviterò l'intero argomento, che è avvolto da una grande quantità di pregiudizi; benché non sia alieno dall'ammettere che, per il naturista è il problema più elevato e più interessante.» 12 L'interesse, come si è visto non è stato solo del naturista… quanto anche del teologo.

Nei tempi più recenti la discussione si è indubbiamente articolata e differenziata con il contributo di varie proposte interpretative. Vari autori hanno iniziato a sostenere la possibilità di far coesistere tra loro le distinte correnti di pensiero. In definitiva possiamo comunque osservare una duplice tendenza la quale esprime in sé una ulteriore asimmetria, analogamente a quanto si è visto per il caso Galilei. Abbiamo infatti fautori di una accezione del processo evolutivo che propongono delle concezioni ove si perora sempre e comunque un atteggiamento laico e materialistico, ateo o agnostico, comunque non confessionale. Tra i principali esponenti del pensiero evoluzionistico possiamo citare autori come T. Huxley, J. Monod, R. Dawkins, Stephen J. Gould.

Sull'altro versante abbiamo tentativi di giungere ad una visione sincretistica, concordistica tra dottrina cattolica e teoria evoluzionistica, ricalcando in particolare le tracce di Theilard de Chardin: tra i tanti possiamo ricordare Henri Bergson e la sua Evoluzione Creatrice 13, giungendo infine ad autori di formazione eminentemente scientifica quali Rémy Chauvin 14, 15, etc.

Si è parlato di asimmetria tra le parti. Bene: se andiamo ad osservare come il confronto si è svolto sinora cogliamo un altro fatto inequivocabile. Se seguiamo la discussione vediamo che un polo dello schieramento mostra una dinamica assai diversa da quel che si osserva nell'altro. Nell'opera di teologi e di fautori dell'opzione teistica si osserva infatti un'ulteriore, palese asimmetria rispetto alla controparte: un drastico cambiamento di paradigma – o atteggiamento. Si è infatti passati da una esplicita opposizione all'evoluzionismo ad un sostanziale – quando infondato – accoglimento, variamente motivato. Ebbene: questa inversione di tendenza non emerge minimamente nel versante opposto!

Mentre gli esponenti laici non fanno che mantenere sostanzialmente le posizioni canoniche del pensiero evoluzionistico, proprio di quanti li hanno preceduti, nel versante opposto si osserva un cambiamento netto del paradigma teologico esegetico, specialmente dal 1950 in poi. È allora possibile concludere che nel versante laico, ateo o agnostico che sia, l'idea evoluzionistica è restata indeflessa espressione concreta di un pensiero nettamente antitetico a posizioni dottrinali quali quelle del canone cattolico; è invece da parte della teologia cattolica e, forse… seppur appena accennato, del magistero della Chiesa, che osserviamo un brusco cambiamento di rotta nei confronti dell'evoluzionismo.

Ma questo vuol dire che è qui che sono cambiate le carte in tavola non viceversa!

Giust'appunto nell'intervento del 24 ottobre 1996 il pontefice, rispetto ai suoi predecessori, riconobbe all'evoluzionismo lo status ben maggiore di teoria e non di mera ipotesi, affermandone nel contempo una evidente concordanza (!!!) con i contenuti della fede cattolica inerenti l'origine dell'uomo: «Tenuto conto dello stato delle ricerche scientifiche a quell'epoca e anche delle esigenze proprie della teologia, l'Enciclica Humani generis considerava la dottrina dell'«evoluzionismo» un'ipotesi seria, degna di una ricerca e di una riflessione approfondite al pari dell'ipotesi opposta. Pio XII aggiungeva due condizioni di ordine metodologico: che non si adottasse questa opinione come se si trattasse di una dottrina certa e dimostrata e come se ci si potesse astrarre completamente dalla Rivelazione riguardo alle questioni da essa sollevate. Enunciava anche la condizione necessaria affinché questa opinione fosse compatibile con la fede cristiana, punto sul quale ritornerò.

Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell'Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all'attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria… A dire il vero, più che della teoria dell'evoluzione, conviene parlare delle teorie dell'evoluzione. Questa pluralità deriva da un lato dalla diversità delle spiegazioni che sono state proposte sul meccanismo dell'evoluzione e dall'altro dalle diverse filosofie alle quali si fa riferimento. Esistono pertanto letture materialiste e riduttive e letture spiritualistiche. Il giudizio è qui di competenza propria della filosofia e, ancora oltre, della teologia.

Il Magistero della Chiesa è direttamente interessato alla questione dell'evoluzione, poiché questa concerne la concezione dell'uomo, del quale la Rivelazione ci dice che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. La Costituzione conciliare Gaudium et spes ha magnificamente esposto questa dottrina, che è uno degli assi del pensiero cristiano. Essa ha ricordato che l'uomo è “la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso”. In altri termini, l'individuo umano non deve essere subordinato come un puro mezzo o come un mero strumento né alla specie né alla società; egli ha valore per se stesso. È una persona. Grazie alla sua intelligenza e alla sua volontà, è capace di entrare in rapporto di comunione, di solidarietà e di dono di sé con i suoi simili. San Tommaso osserva che la somiglianza dell'uomo con Dio risiede soprattutto nella sua intelligenza speculativa, in quanto il suo rapporto con l'oggetto della sua conoscenza è simile al rapporto che Dio intrattiene con la sua opera. L'uomo è inoltre chiamato a entrare in un rapporto di conoscenza e di amore con Dio stesso, rapporto che avrà il suo pieno sviluppo al di là del tempo, nell'eternità. Nel mistero di Cristo risorto ci vengono rivelate tutta la profondità e tutta la grandezza di questa vocazione. In virtù della sua anima spirituale che la persona possiede, anche nel corpo, una tale dignità. Pio XII aveva sottolineato questo punto essenziale: se il corpo umano ha la sua origine nella materia viva che esisteva prima di esso, l'anima spirituale è immediatamente creata da Dio.

Di conseguenza, le teorie dell'evoluzione che, in funzione delle filosofie che le ispirano, considerano lo spirito come emergente dalle forze della materia viva o come un semplice epifenomeno di questa materia, sono incompatibili con la verità dell'uomo. Esse sono inoltre incapaci di fondare la dignità della persona.

Con l'uomo ci troviamo dunque dinanzi a una differenza di ordine ontologico, dinanzi a un salto ontologico, potremmo dire. Tuttavia proporre una tale discontinuità ontologica non significa opporsi a quella continuità fisica che sembra essere il filo conduttore delle ricerche sull'evoluzione dal piano della fisica e della chimica? La considerazione del metodo utilizzato nei diversi ordini del sapere consente di conciliare due punti di vista apparentemente inconciliabili. Le scienze dell'osservazione descrivono e valutano con sempre maggiore precisione le molteplici manifestazioni della vita e le iscrivono nella linea del tempo. Il momento del passaggio all'ambito spirituale non è oggetto di un'osservazione di questo tipo, che comunque può rivelare, a livello sperimentale, una serie di segni molto preziosi della specificità dell'essere umano. L'esperienza del sapere metafisico, della coscienza di sé e della propria riflessività, della coscienza morale, della libertà e anche l'esperienza estetica e religiosa, sono però di competenza dell'analisi e della riflessione filosofiche, mentre la teologia ne coglie il senso ultimo secondo il disegno del Creatore...» 16

Torneremo più avanti su questi punti al fine di porre il senso delle nostre eccezioni in merito, visto che questo intervento, proposto e solitamente inteso come una sorta di apertura senza precedenti al pensiero evoluzionistico, in realtà è assolutamente insignificante sotto il profilo teorico per il dibattito in sé. In esso si esprime solo una sostanziale smentita dei predecessori di Giovanni Paolo II, che addirittura bollarono l'evoluzionismo come ipotesi pesantemente contraria alla stessa, generando una contraddizione – alla luce di quel «pensare nei secoli» così caro al Magistero di Roma – assolutamente clamoroso, visto che questi argomenti «... toccano i fondamenti della religione cristiana» come si diceva sopra!

In esso inoltre si fa riferimento a sedicenti teorie dell'evoluzione che dovrebbero differenziarsi tra di loro in relazione o meno del fatto di essere ispirate a filosofie spiritualistiche. Ora, nel panorama evoluzionistico odierno non c'è assolutamente nulla di questo. Non risulta minimamente alcuna differenziazione formale della teoria dell'evoluzione in funzione o meno di tale fattore. Quali sarebbero poi queste teorie spiritualistiche dell'evoluzione? Non ce n'è punto. La moderna teoria dell'evoluzione biologica – si noti il singolare – rappresenta un concetto univoco sotto questo profilo. E questo al di là di ipotesi inerenti ai meccanismi in atto, come ad esempio per quel che riguarda ipotesi come quella della evoluzione neutralistica di Kimura o degli equilibri puntuati.

La possibilità di interpretare spiritualisticamente o meno il processo evolutivo, a prima vista del tutto lecito, non è minimamente parte della valutazione formale del fenomeno e del meccanismo evolutivo, né riesce a procurare alcun cambiamento concettuale dell'ipotesi evolutiva. Non esiste nessuna teoria spiritualistica dell'evoluzione da opporre alla teoria dell'evoluzione! Esiste al più una corrente di pensiero che, in modo comunque epistemologicamente scorretto ed improbabile come vedremo, forza l'introduzione di ipotesi spiritualistiche ad hoc nella cornice metafisica in cui, al pari di ogni altra teoria scientifica, si inscrive la teoria dell'evoluzione darwiniana. Ma questo tentativo di collocazione metafisica non differenzia minimamente la teoria evolutiva, che resta formalmente univoca nella sua struttura concettuale e formale – e per questo rende del tutto irreali ed improponibili certe illazioni di tal fatta.

Le possibilità interpretative a cui fa riferimento la lettera di cui sopra, sembrerebbe invocare delle revisioni interpretative in cui, di primo acchito parrebbe quasi realizzarsi il pensiero di Carlo Molari il quale, nel suo Darwinismo e teologia Cattolica, riprendendo alcuni spunti da Khun e Lakatos, così scriveva nel 1984: «Allo stesso modo delle riflessioni fatte da I. Lakatos sui «programmi di ricerca scientifica» 17 possono essere utilizzate le dinamiche di difesa della tradizione nei confronti delle nuove acquisizioni. Egli distingue il «nucleo solido centrale» (hard core) e la sua «cintura di protezione» (protective belt), in ogni programma di ricerca.

Nel caso dell'evoluzione darwiniana la teologia si opponeva con un insieme di asserti che non potevano essere messi in dubbio in alcun modo. A questo nucleo apparteneva la dottrina della creazione di Dio e la verità della rivelazione biblica.

Ma nello stesso tempo la teologia si poteva confrontare con la teoria evoluzionista con un insieme di asserti e di teorie adattabili ai diversi problemi che man mano sorgevano.

L'ambito di questa cintura protettiva era diverso secondo i teologi, e nel corso di un secolo si è ampliato sempre di più fino ad adattare completamente l'interpretazione della verità rivelata alle ipotesi avanzate dalla scienza per spiegare le scoperte fatte. Le diverse trincee di questo nucleo protettivo furono l'interpretazione simbolica dei testi biblici. La purificazione del concetto di creazione, di azione di Dio, di peccato originale, ecc.

Il confronto è durato circa un secolo, al termine del quale, scomparsi in gran numero i fautori del vecchio paradigma, il problema si è dissolto quasi naturalmente e senza rumore. Ora non esiste più. Ma non perché l'evoluzione sia stata dimostrata vera o sia stata accolta dai teologi, ma perché allo stato attuale essa non pone più alcun problema alla teologia. Il «nucleo solido centrale» ha una nuova cintura di sicurezza. L'esame perciò dell'atteggiamento che via via i teologi hanno assunto mette in luce le resistenze di una comunità credente di fronte a una teoria scientifica e gli adattamenti che sono stati adottati perché essa non ponesse più problemi ai credenti.» 18

Questo è certamente quanto ci si augura in certi ambienti, o forse si augura il Molari, ma in realtà tutto questo rappresenta solo una radicale svista. Tutte queste considerazioni, tutti questi approcci al problema sono di per sé totalmente infondati, semplici ipotesi, gratuite congetture – spesso faziose, dato che cercano solo di forzare tra di loro argomenti incommensurabili per meri fini ideologici –, né risultano pertinenti sotto il profilo epistemologico e teologico. L'evoluzionismo è una teoria che tra le sue pieghe esprime aspetti formali assolutamente incommensurabili con certe esigenze teologiche, aspetti affatto problematici per chiunque voglia introdurre in esso spunti fideistici di tal fatta. Non è possibile violentare in modo siffatto l'ossatura formale di questa idea senza snaturarla irreparabilmente! Ci sono precisi vincoli formali e principi epistemologici decisivi che vengono ignorati in modo radicale da questi faziosi quanto maldestri approcci.

Ma prima di esporre in maggior dettaglio i termini della questione è opportuno fare alcune precisazioni. Innanzi tutto è da manifestare una profonda convinzione: quella che, sinora, il confronto scienza fede sia stato condotto, sotto un ulteriore profilo, in modo parziale ed asimmetrico. Sinora, nel delineare il dibattito tra scienza e religione, abbiamo fatto riferimento perfettamente generico alla scienza in sé, alla valenza del metodo d'indagine scientifico tout court, senza alcuna ulteriore aggettivazione. Al contrario, nell'altro versante il riferimento scontato va ad autori e documenti religiosi appartenenti principalmente ad un particolare contenuto fideistico: quello della dottrina cattolica, la quale ha sinora quasi monopolizzato l'attenzione della stragrande maggioranza degli addetti ai lavori. Ora ci domandiamo: quale senso – e quali limiti, quali implicazioni – può derivare dall'assumere i caratteri particolari di questa confessione religiosa nel confronto teismo ateismo?

Forse qualcuno avrà da scandalizzarsi di fronte a questa perplessità, ma si ritiene che questa ovvia identificazione possa rappresentare un errore grave ed inoltre che tale errore sia stato ripetutamente commesso. O meglio: che tale modello fideistico sia stato preso eccessivamente in considerazione quale ovvio e pratico prototipo di sistema teistico, col risultato di far convergere in modo riduttivo la discussione sugli aspetti tipici di tale particolare paradigma teologico, a scapito dell'universalità dei contenuti della questione.

Bisogna infatti distinguere l'eventuale problema posto dal mero confronto «scienza tout court e fede tout court» dai contingenti problemi che possono emergere tra il confronto «scienza tout court e dottrina cattolica». Chi può garantire che questo secondo confronto, solitamente messo sul tappeto, possa esprimere compiutamente i termini generali del problema? I due confronti non coincidono necessariamente, ma ancor più... non coincidono affatto.

Ogni volta che si affronta tale questione, si vanno ad attribuire a priori, inconsapevolmente, significati ben definiti alle accezioni di conoscenza scientifica, di fede, etc. col risultato che le stesse vengono rappresentate in modo pregiudiziale. Da un lato, questo avviene attribuendo al pensiero scientifico una valenza decisamente fisicalista, – assunzione questa comprensibile e corretta in prima battuta a livello epistemologico, ma non al successivo livello filosofico, visto che spesso a partire da questa attribuzione si confluisce poi erroneamente nell'affermazione di un'opzione atea, la quale rappresenta una attribuzione indebita, tutta da dimostrare. Dall'altro questo si ripete continuamente con l'uso dell'accezione del generico termine fede in cui in realtà si va ad indicare un particolare modello di fede. Ed anche questa è un'identificazione inopportuna, indebita e parziale: così facendo non si avanza un'affermazione generale, aconfessionale e prettamente filosofica dell'esistenza di Dio, di un Dio Creatore della realtà etc., quanto i fondamenti fideistico teologici di una particolare confessione: la dottrina Cattolica. Ed è questo lo scenario, questi i termini consueti in cui sono sostanzialmente espresse le polarità in campo in queste discussioni.

È alla luce di questo fatto contingente, ad esempio, che possiamo inquadrare da un lato tutti gli intenti sinora condotti per fronteggiare i problemi posti dalla teoria dell'evoluzione, e gli eccessi dei movimenti creazionisti, specialmente americani. Questi esponenti fondamentalisti hanno addirittura costituito lobbies miranti ad introdurre nei programmi scolastici di alcuni stati americani, in alternativa della teoria dell'evoluzione naturale – non si riesce a capire con quali fondamenti epistemologici! –, ipotesi creazionistiche di chiaro fondamento biblico nelle quali sostengono interpretazioni pressoché letterali del Genesi.

Innanzi tutto il problema scienza fede può non derivare dalla questione del proporre una teoria scientifica come l'evoluzionismo, checché si pensi. È suggestivo, a tal proposito, osservare cosa scrisse, molto opportunamente, Albert Einstein: «La fonte principale degli attuali contrasti fra le sfere della religione e della scienza si trova nella concezione di un Dio personale.» 19

Epistemologicamente parlando il problema è inerente alla valutazione dei campi di indagine propri della scienza e all'autentica valenza dei contenuti di una data fede religiosa. È immediatamente intuibile in quali contenuti questa questione è stata affrontata e sviluppata, vista la particolare storia e cultura del mondo occidentale, pesantemente condizionate dalla definizione di modelli teologico cosmologici cattolici, del tutto contingenti. Ovviamente il riferimento principale va alla dottrina cattolica, ma sono da ricordare quella protestante ed altre dottrine di ceppo biblico.

Ora, c'è da sottolineare ulteriori aspetti importanti. Quali sono i fondamenti teologici - in particolare della tradizione cattolica - e quali gli aspetti cosmologici connessi a tale prototipo di fede? Ovvero: «La tradizione cattolica solitamente presa in considerazione, con i suoi specifici fondamenti teologici, rappresenta in modo esauriente un interlocutore «di riferimento» nella contrapposizione dialettica con il pensiero scientifico o, se vogliamo, ateo? In altri termini: la contrapposizione filosofica teismo ateismo è correttamente esplicitata quando l'interlocutore delle posizioni atee – o, più opportunamente, laiche – è rappresentato dal pensiero cattolico?»

Questa eventualità deve essere decisamente riconsiderata. E questo non al fine preconcetto di voler solamente obiettare il ruolo di tale modello teologico, senza alcun oggettivo fondamento. Bensì contando su un principio in grado di valutare con obiettività anche il risalto proprio di questo modello, ma innanzi tutto di collocarlo correttamente nella storia del pensiero filosofico teologico e nel multiforme panorama della Storia delle Religioni. Ma la domanda a questo punto è: «Esiste questo metodo, questo principio?»

La risposta è decisamente affermativa. Si è convinti infatti di poter proporre un principio estremamente chiaro, già ampiamente esplicitato e verificato nei suoi fondamenti, con cui condurre una essenziale discriminazione. Ciò permetterà di riconoscere valore parziale allo stato attuale del confronto ortodosso della questione e addirittura proporre una interpretazione ulteriore, inedita, più decisa e coerente, del problema. È possibile definire una nuova collocazione del confronto sinora avutosi sulla questione avanzando una diversa prospettiva, capace di sollevarci dalla stantia contrapposizione scienza fede, alias ateismo teismo, in cui sinora è stata condotta la discussione. Ma questo deve essere fatto ponendo innanzi tutto precisi paletti agli ambiti dello status epistemologico e filosofico delle affermazioni – spesso puramente metafisiche – sinora proposte o, in generale, possibili.

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Note:

1 Nicola Abbagnano Giovanni Fornero, Filosofi e Filosofie nella Storia, Vol. II, Paravia Ed., Torino, 1986, pp. 149-150.

2 Claude Allègre, Dio e l'impresa scientifica. Il millenario conflitto tra religione e scienza, Raffaello Cortina ed. Milano, 1999. P. 6.

3 Claude Allègre, [1999], op. cit.

4 Carlo Molari, Darwinismo e teologia cattolica, Borla ed. 1984, Roma, p. 17.

5 Hans Kung, Dio esiste?, Mondadori 1979, Milano, p. 373.

6 John D. Barrow, Frank J. Tipler, The Anthropic Cosmological Principle, Oxford University Press, Oxford, 1986.

7 Paul Davies, Dio e la nuova fisica, Milano, Mondadori 1984.

8 John Pokinghorne, Credere in Dio nell'età della scienza, Raffaello cortina Editore, Milano, 2000.

9 Stephen Hawking, Dal big bang ai buchi neri, Rizzoli, Milano, 1988, p. 137.

10 A. Rolla, Corso completo di studi biblici. Il messaggio della salvezza, Elle Di Ci ed. Torino, 1965, p. 49.

11 A. Rolla, [1965], op. cit. p. 49.

12 John C. Greene, La morte di Adamo, Feltrinelli, Milano, 1984, p. 357.

13 Henri Bergson, L'evoluzione creatrice, Dall'Oglio Ed., Milano, 1991.

14 Rémy Chauvin, La biologia dello spirito, San Paolo ed. Milano, 1995.

15 Rémy Chauvin, Dio delle stelle Dio delle formiche, Ed. Paoline, Milano, 1991.

16 Acta Apostolicae Sedis Aux membres de l'Académie pontificale des Sciences réunis en Assembleé plénière Discorso del papa Giovanni Paolo II il 24 ottobre 1996, Typis Vaticanis, An et. Vol. LXXXIX, 1997 n. 3, pag. 186 s. (Traduzione).

17 Imre Lakatos, The methodology of scientific research programmes, Cambridge University Press, Cambridge, 1978.

18 Carlo Molari, [ 1984], op. cit., pp. 12-13.

19 Albert Einstein. Pensieri di un uomo curioso, Oscar Mondadori Ed. 1997, Milano; p. 115.


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