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•  Corroborazione dei contenuti della teoria alla luce di varie discipline (epistemologia, scienze psicologiche e neuroscienze, teoria evoluzionistica della coscienza).

Abbiamo sinora tracciato gli aspetti fondamentali e alcune delle principali conseguenze della distinzione tra teoetotomie e religioni in ambito teologico, socio economico, culturale, psicologico; è opportuno verificare ora come questa nuova considerazione dei vari aspetti della questione possa essere inserita nel quadro interpretativo delle neuroscienze e dell'odierna concezione evoluzionistica – in particolare la teoria evoluzionistica della coscienza –, senza comunque dispensare riferimenti a discipline scientifiche come la cosmologia e la meccanica quantistica.

L'aspetto epistemologicamente più significativo di questa interpretazione è costituito dal fatto che questa nuova lettura conduce ad una profonda concordanza tra le odierne concezioni scientifiche e le modalità dell'opzione teistica tipicamente supportate dal polo religioso. Proviamo allora ad osservare come l'opzione religiosa si colloca nei confronti di quella teoria dell'evoluzione che, al contrario, ha sollevato tanti scottanti problemi sulla tradizionale interpretazione cattolica del Genesi. Vedremo che le concezioni cosmogoniche e antropologiche tipiche delle religioni, al contrario di quanto avviene nelle teoetotomie, si rivelano sin dall'inizio intrinsecamente coerenti con le posizioni evoluzionistiche. Bisogna premettere che il profilo ideale della concezione religiosa non deriva da testimonianze etnologiche di eventuali modelli religiosi, quanto da un approccio logico filosofico autonomo da riscontri etnologici, i quali, tra l'altro, possono risultare anche imperfetti rispetto a quanto teoricamente definibile sotto il profilo formale. Il punto decisivo è che proprio dall'analisi filosofica deriva l'evidenza che il profilo ideale dell'ideale cosmologico religioso è intrinsecamente coerente con le odierne concezioni scientifiche.

Questo a motivo di vari aspetti fondamentali. Prima di tutto nell'ipotesi religiosa, la divinità è investita della sola funzione creatrice. Proviamo per un attimo ad accettare tale eventualità filosofica. Disponiamoci dunque ad ammettere l'esistenza di un Dio creatore, dunque il fatto che la realtà naturale che sperimentiamo direttamente, e descritta al meglio dalle odierne teorie scientifiche, possa essere ricondotta all'azione di una divinità.

Ora, il primo elemento da porre in evidenza è che questa funzione creatrice è assolutamente indipendente dalle modalità di creazione. Un ente creatore può dare identicamente luogo ad un universo fissista o, in alternativa, ad un universo in evoluzione. L'eventualità che si attui l'una o l'altra di queste opportunità risulta assolutamente indipendente dal fatto che si postuli o meno l'esistenza di un Dio creatore. Non è della minima importanza quali modalità attuative siano state messe in atto. Un Dio creatore può sì essere inteso all'origine di una realtà fissista, ovvero in cui si ha la creazione ex nihilo di una realtà totalmente ed immediatamente compiuta destinata a rimanere come tale per tutto il tempo. Ma l'idea di un Dio creatore resta altrettanto intendibile nell'eventualità che la dimensione mondana sia una realtà in divenire a sua volta originata da tutta una serie di eventi evolutivi quali quelli postulati dalla teoria darwiniana. Non c'è nulla in questa seconda eventualità che possa minimamente inficiare l'ipotesi creativa divina.

Un evento creativo, nel suo essere espressione di un intento creativo, può ospitare processi cosmologico bio-evolutivi. Non c'è alcun problema. Chi infatti potrebbe mai dimostrare che un Dio non sia in grado di dare origine ad un universo – l'ente creato – totalmente informato da tali modalità? Nessuno, fino a prova contraria. Ma allora perché mai la promulgazione della teoria darwiniana ha condotto a tante polemiche con le dottrine religiose?

La risposta è semplice: la teoria darwiniana non ha mai posto alcun problema all'ipotesi metafisica dell'esistenza di Dio. La teoria darwiniana ha solo messo in dubbio aspetti complementari, quanto contingenti, di una dottrina teoetotomistica quale ad esempio il cattolicesimo; non l'ipotesi metafisica in sé dell'esistenza di Dio! La concezione darwiniana è infatti perfettamente inquadrabile in una concezione teistica che preveda un Dio creatore causa causarum di un universo in cui si realizzano i contingenti fenomeni evolutivi che l'odierna biologia evolutiva ci mostra in atto. Sostenere tale concezione scientifica non implica necessariamente alcuna concezione atea né nega la possibilità di poter formulare l'esistenza di Dio. Nessun biologo evoluzionista ha mai potuto sostenere e dimostrare queste conclusioni metafisiche e nessuno ha mai saputo sostenere il contrario. Né questo è stato l'intento del suo artefice. Darwin propose solo delle ipotesi scientifiche in relazione all'origine delle specie viventi, ipotesi queste collocate in un ambito immanente, assolutamente sganciato da tali considerazioni metafisiche, e questo suo lavoro, se proprio vogliamo attribuirgli un significato anche in tali ambiti, ha solo fatto prendere atto del fatto che certe dottrine sono incoerenti con l'ipotesi evolutiva. Ed allora? Allora… nulla.

Al più questo fatto può voler significare solo ed esclusivamente che i particolari aspetti cosmologici e cosmogonici asseriti da quelle dottrine sono in contrasto con la teoria evoluzionistica. Ma nulla di questo ci trascina automaticamente nell'ambito metafisico, in cui trova collocazione l'opzione teologica di un Dio creatore, tanto da farci concludere che l'evoluzionismo possa rappresentare una teoria scientifica in contrasto con l'ipotesi inerente l'esistenza di Dio. Non si può minimamente affermare, in altre parole: «Se è vera l'evoluzione, allora non esiste né Dio né si è avuta una creazione divina dell'universo». Questa asserzione è filosoficamente ed epistemologicamente «falsa». E fa sensazione pensare che questo è quanto credono tanti credenti, ad esempio i soliti, insuperabili creazionisti. Tanto rumore per nulla? Non del tutto.

Prima di tutto c'è da osservare che la teoria evoluzionistica ha saputo esprime un senso molto profondo in relazione a determinate dottrine – ovvero nei confronti di determinate ipotesi, o congetture metafisiche. E questa evidenza ha un'importanza assoluta, al di là del fatto che il risalto di questa conclusione sia stato sinora ignorato e sviato nel suo autentico significato, collocando erroneamente la questione sorta dall'affermazione di tale teoria nell'ambito della controversia ateismo/teismo. Una collocazione assolutamente inadeguata ed infondata.

Quale è allora l'autentica valenza della teoria evoluzionistica in merito a questi temi?

La risposta è ancora una volta semplice: la teoria evoluzionistica non assume alcun significato in merito a questi temi filosofici. L'evoluzionismo non entra minimamente in gioco in tali questioni. L'aver immaginato, o temuto, il contrario, oltre a rappresentare una conclusione palesemente infondata, risulta essere frutto di un grave slittamento epistemologico di prospettiva. L'evoluzionismo è un'ipotesi inerente a fatti propri della sfera immanente, non di quella dimensione trascendente, metafisica a cui si fa riferimento quando si propongono ipotesi sull'esistenza di un Dio creatore.

Ma se l'evoluzionismo non esprime alcun ruolo in tali questioni metafisiche, esso ha un significato innegabile e decisivo in merito alle inevitabili ipotesi di contorno con cui si definiscono i modelli cosmogonico cosmologici che dovranno caratterizzare ed albergare i fondamenti teologici dei vari sistemi. Se nella definizione delle fondamentali opzioni filosofiche inerenti il contrasto teismo/ateismo l'evoluzionismo non ha alcun risalto, in questi altri contesti esso assume un significato epistemologico assolutamente fondamentale ed imprescindibile.

Infatti, nessun edificio religioso, teoetotomia o religione che sia, limita i suoi postulati alla sola affermazione di esistenza di Dio. Non è in questa mera asserzione ontologica infatti che si caratterizzano i distinti sistemi. Questa ipotesi rappresenta la opzione di fondo comune ai distinti sistemi teistici; essa non caratterizza il singolo edificio teologico quanto l'intero polo metafisico del teismo nei confronti del polo ateo. Ecco emergere allora un'ulteriore critica al fatto dell'aver assunto una particolare dottrina religiosa, quella cattolica, come prototipo dell'ideale teistico.

I singoli edifici teologici infatti si caratterizzano per ben altri aspetti, sì inerenti a quell'originaria opzione, nei quali si definiscono i contesti cosmologico cosmogonici ed antropologici, ovvero la dimensione ontologica in cui l'esistenza di un particolare Dio creatore si andrebbe infine ad attuare. Orbene, il cattolicesimo, alla stregua di ogni altra dottrina religiosa, definisce soggettivi contesti cosmologico cosmogonici ed antropologici. Questi contesti, come si evince dagli stessi documenti magisteriali cattolici, risultano essere a tutt'oggi ancora assolutamente fissisti e puntano in modo esplicito in ottica teologica ed escatologica su un uomo inteso quale creatura ontologicamente distinta dalle altre creature viventi.

Un punto fondamentale è poi che su questa creatura si intendono – sempre per lo stesso magistero – fatti che rivestono un significato assolutamente singolare nell'ambito dell'intero edificio teologico: si sta ovviamente parlando dell'origine monogenistica del genere umano, della caduta ontologica originaria, della trasmissione di questa condizione nell'intera specie umana etc. Fatto stà che questi fatti intersecano profondamente le modalità antropogeniche, ovvero tutti quegli eventi e dinamiche che sono al centro dell'origine biologica dell'uomo e la sua diffusione sulla terra: dunque fatti che sono oggetto canonico dell'attività scientifica – e relative teorie scientifiche. Visto come stanno le cose, è oltremodo ovvio che qui e solo qui emergano inevitabilmente i problemi d'incompatibilità con le modalità evolutive di cui si è detto.

Ma quale è la conclusione di questa incompatibilità? Una negazione dell'ideale teistico? No: l'unica conclusione corretta che è si può fare è che quei singoli, particolari aspetti sono in contrasto con le teorie evoluzionistiche. Nella misura in cui le teorie evoluzionistiche sono concezioni scientifiche corrette sull'origine delle forme di vita e dell'uomo, quegli aspetti risultano scientificamente insostenibili. Di conseguenza possiamo al più sostenere che lo sia ogni dottrina ineluttabilmente connessa con tali aspetti. Epistemologicamente e filosoficamente parlando questa è la conclusione corretta della questione.

Ora, alla luce di questa conclusione tutta la presunta querelle scienza fede di cui si è fatto riferimento sinora risulta di molto rivedibile e ridimensionata. Noi si può infatti asserire correttamente solo ed esclusivamente che «la canonica esegesi alla base della dottrina cattolica risulta essere in contrasto con l'evoluzionismo moderno». Non si può però andare oltre questo limite.

Si può fare però un'importante considerazione. Bisogna collocare ulteriormente la esegesi cattolica in relazione all'oggetto della stessa. La esegesi ortodossa di cui abbiamo parlato – non ci riferisce qui ai lavori di qualche teologo ma solo ed esclusivamente alle posizioni ufficiali – rappresenta un'interpretazione, ovvero un modello esplicativo di alcuni testi: in particolare il libro della Genesi. Ora abbiamo contribuito a dimostrare che gli stessi testi, e sia chiaro non si parla minimamente di versioni non canoniche, non riconosciute dallo stesso magistero, possono essere oggetto – come abbiamo visto – di esegesi alternative, ben distinte. Ora, è palese che queste esegesi alternative possono essere identicamente proposte ma poi debbono essere debitamente confrontate, se si fa astrazione a concessioni dogmatiche, in un corretto e consono confronto epistemologico – e penso che questa eventualità sia implicitamente ammessa, se non esatta, in tutta l'attuale discussione. Infatti, nella misura in cui esistono modelli interpretativi diversi che competono tutti nell'interpretazione dello stesso fatto, o evento, essi possono e devono essere sottoposti ad una esplicita e lecita verifica epistemologica.

Al contrario di quanto taluni potrebbero obiettare, nel nostro caso – anche se i diversi modelli interpretativi si basano entrambi su un'ipotesi metafisica di partenza: ovvero si postula l'esistenza di un Dio creatore – quanto sopra risulta essere perfettamente possibile, dato che tali modelli sono costretti giocoforza a fare riferimenti a contenuti empirici, che sfociano obbligatoriamente in una dimensione reale, visto che, in ultima analisi, entrambi devono fare affermazioni relative alla sfera immanente – di cui ciascuno di noi è parte.

Tutti gli aspetti di contorno di un qualsiasi modello teistico sono inevitabilmente inerenti a queste dimensioni immanenti. E questi aspetti di contorno, di tipo cosmogonico, cosmologico ed antropologico, sono tutti oggetto di discipline scientifiche, ovvero di osservazioni di tipo scientifico. Se ne conclude dunque che, nella misura in cui i sistemi teologici si esprimono, nel loro stesso caratterizzarsi, in questi ambiti mondani, immanenti, scientificamente verificabili, le loro specifiche affermazioni, pur procedendo da assunti metafisici, risultano passibili di questa consona e lecita verifica epistemologica. Un esempio può perfettamente dare il senso di questa evenutalità. Prendiamo le seguenti proposizioni.

•  «Tutti i pianeti dell'universo sono di forma perfettamente cubica».

•  «Nell'universo esistono pianeti di forma cubica».

Se osserviamo le due proposizioni possiamo concludere, ottemperando così il metodo di verifica epistemologica, che la 1) è scientificamente confutata, avendo noi la possibilità di verifica empirica del fatto che esistono nell'universo pianeti di forma non cubica.

Non è invece possibile sottoporre la 2) ad alcuna confutazione scientifica, dato che non siamo nella condizione di verificare la forma di tutti i pianeti eventualmente presenti nell'intero universo. La prima proposizione dunque è da intendere come «scientificamente falsa», la seconda rappresenta solo una proposizione «metafisica, scientificamente non valutabile», per la quale non è possibile attuare alcuna valutazione di carattere empirico scientifico.

Se avessimo avuto in vece della 2) la seguente proposizione 3) «Nell'universo esistono pianeti di forma sostanzialmente sferica», allora avremmo potuto concludere che quest'ultima è «scientificamente vera». Queste conclusioni sono il riconosciuto risultato dell'applicazione delle attuali modalità di verifica epistemologica, basate sul lavoro analitico di filosofi della scienza come Popper, Lakatos, Tarsky etc.

Orbene, proviamo a sottoporre idealmente allo stesso metodo di verifica le seguenti proposizioni:

«Postulando un'ipotesi metafisica di creazione dell'universo da parte di una Divinità, si valutino due possibili concezioni controfattuali:

•  Un'ipotesi teologica in cui si assume la necessità che tutti i pianeti dell'universo creato dal Dio A sono di forma perfettamente cubica.

•  Un'ipotesi teologica in cui si assume la necessità che tutti i pianeti dell'universo creato dal Dio B sono di forma sferica».

In questo caso è altrettanto possibile e lecito condurre una valutazione epistemologica delle due componenti 1) e 2). È chiaro che tale verifica si esprime solo in merito agli aspetti empirici, immanenti delle due alternative, ma è altresì inevitabile concludere che la necessità tra la componente verificabile della forma dei pianeti e l'assunto metafisico dell'ipotesi dell'esistenza dell'eventuale Dio di turno conduce ad estendere il senso della verifica epistemologica anche a questa prima ipotesi. Beninteso pur avanzando le debite riserve ed eccezioni in merito all'ipotesi teistica tout court.

Ovvero, se fondiamo la nostra valutazione di tali ipotesi su un principio logico epistemologico non dogmatico, è inevitabile concludere che la 2) rappresenta una «ipotesi teologica la cui necessaria assunzione è scientificamente vera» mentre la 1) risulta una «ipotesi teologica la cui necessaria assunzione è scientificamente falsa».

Applicando tale estensione del metodo epistemologico, possiamo allora concludere che è possibile effettuare un analogo confronto tra le implicazioni della esegesi cattolica al Genesi e quelle della nostra proposta esegetica. Quel che emerge è d'indubbio risalto. La concezione evoluzionistica rappresenta infatti, alla luce della nostra proposta interpretativa ed ancor più delle distinzioni di merito sinora condotte, una potente discriminante di ipotesi esegetiche assolutamente antitetiche tra di loro. E questo è l'autentico significato che da sempre si sarebbe dovuto attribuire a questa teoria scientifica, non quel ruolo di irriverente ed irritante ipotesi anti-teistica che è stato ad essa attribuito da entrambe le controparti solo ed esclusivamente a seguito di una fuorviante accezione della stessa.

L'evoluzionismo non è minimamente un'ipotesi scientifica che veicoli una qualche concezione atea ma solo un'ipotesi scientifica assolutamente neutra su questo punto, la quale può essere magari in contrasto o in perfetta coerenza con distinti modelli esegetici, o con distinti sistemi teistici, solo ed esclusivamente in funzione della natura dei caratteri di contorno di ciascuno.

Alla luce di questo è quindi inevitabile giungere alla seguente conclusione: la esegesi sostenuta dal magistero cattolico, fondata com'è su aspetti assolutamente incompatibili con le odierne teorie scientifiche su origine e diffusione biologica della specie umana e su implicazioni necessarie assolutamente sganciate da qualsiasi verifica, risulta assolutamente surclassata dalla esegesi da noi proposta, la quale, al contrario, esibisce precise e circostanziate conferme empiriche in merito alla sua particolare interpretazione sociologica della natura e alle modalità di diffusione dei fatti direttamente narrati nel Genesi. Ma ancor più, tale inedita interpretazione permette di collocare perfettamente tutti gli aspetti teologico cosmologici ed antropologi inerenti a tali fatti in una cornice pienamente coerente con l'intero quadro cosmologico evolutivo affermato dalla scienza moderna.

Andiamo a questo punto a valutare questo decisivo carattere dei modelli religiosi.

Continua...

 

 

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