Capitolo II°                   capitolo III°                        Back    

La nostra proposta verte dunque sul fatto che l’uomo, nel corso della sua evoluzione, abbia prima o poi far i conti con la tragica presa di coscienza della morte. Profondamente colpito da questa consapevolezza, avrebbe cercato di risolvere tale angoscia ricorrendo all’ipotesi di una sopravvivenza nell’oltretomba. Questo sarebbe dunque la base originaria del sentimento religioso, da cui sarebbero poi derivate le prime pratiche funerarie e tutto il resto, a partire dai 50 ¸ 60.000 anni or sono.
   
      Tale ipotesi prenderebbe spunto da una vera e propria reazione di rigetto psicologico alla profonda valenza emotiva della presa di coscienza della morte. L’animale uomo, al fine di poter coesistere con l’incombente visione del suo destino ultimo, riuscì a sbloccare psicologicamente quest’angoscia formulando la speranza di opporsi alla tragedia ed orrore di tale evento.
         Ma quest’intuizione, se aprì all’uomo una percezione radicalmente nuova, costituì la porta da cui entità spiritualistiche e figure sovrumane, le divinità, entreranno a gremire drammaticamente l’esistenza umana. Alla luce della nostra nuova proposta, andremo ad analizzare alcuni aspetti di questo evento.
   
      Tutte le ipotesi relative al probabile nucleo universale del trascendente si rifanno ad una concezione evoluzionistica. Le varie forme di culto sono collegate tra loro nel tempo secondo un unico itinerario, in cui le religioni più recenti e complesse sono intese come prodotti finali di un lunghissimo processo di sviluppo. (Vedi Schema 3.1). Già qui si coglie la portata della nostra inedita concezione. Quel che sinora è stato proposto come primo fondamento ed irrinunciabile del sacro, ovvero il rapporto di subordinazione dell’uomo rispetto al sacro, risulta in realtà dalla fusione postuma di elementi indipendenti ed anteriori, ovvero il prodotto di un processo speculativo, spesso errato, condotto su preesistenti concetti del quale sinora non sono state capite l’origine, la dinamica, la portata. Un’evidenza emblematica di quanto detto può essere tratta della teoria secondo cui l’origine della religiosità umana si fonderebbe sul sentimento di paura nei confronti dei morti.
   
      Questa teoria fu formulata sulla studi di popolazioni primitive, da cui derivò la convinzione che la paura dei morti dovesse essere intesa quale elemento originario e fondamentale di queste credenze. Ma questa tesi unisce come se fossero elementi inscindibili concetti di per sé indipendenti come la concezione di un’esistenza ultraterrena ed un oscuro timore verso le anime dei morti il che è del tutto inverosimile. Non necessariamente sono legate le due idee!
        
Ipotizzare una qualche forma d’esistenza animistico spirituale non implica necessariamente che si nutrano sentimenti di paura verso i defunti. Non si nega che questo atteggiamento sia presente nelle popolazioni primitive, ma questo non dimostra che esso rappresenti l’unica forma di rapporto tra i vivi ed i defunti, né quella delle originarie credenze. Nulla ci costringe infatti ad immaginare un collegamento obbligato tra questo sentimento e l’esistenza di dimensioni spirituali d’oltretomba. Possiamo notare che, mentre nei siti funerari del paleolitico e del neolitico i defunti e le loro tombe presentavano segni di timore verso i morti, pratiche forse dovute alla preoccupazione di ostacolare un loro possibile ritorno nelle società dei vivi, i ritrovamenti funerari più remoti mostrano, al contrario, solo indizi di affetto e rispetto per il defunto.
Altro luogo comune è quello che deriva l’origine della religiosità da un forte atteggiamento magico del primitivo. Il mondo primitivo è sicuramente pervaso da spiriti, magia, pratiche sciamaniche e ciò risulta intrecciato credenze relative ai miti delle origini, al destino dell’individuo oltre la morte. Ma anche qui ciò non indica necessariamente che questo sia il nocciolo iniziale dell’esperienza religiosa, quanto una confluenza postuma nella sfera del sacro di elementi ben lontani tra di loro. Non si comprende perché un’ipotesi riferita ad una possibile sopravvivenza post mortem debba essere obbligatoriamente connessa con irrazionali atteggiamenti di superstizione. Sotto il profilo logico e filosofico. l’ipotesi di una vita d’oltretomba o di una creazione da parte di una divinità è valida e raffinata e pone il suo sostenitore su di una posizione difficilmente confutabile. L’ideale religioso è anzi sopravvissuto inalterato dal paleolitico ai giorni nostri ed è in fondo riuscito per millenni a resistere a qualsiasi critica filosofica, continuando come non mai ad apparire ammaliante e rassicurante all’uomo! Inoltre, le più antiche tracce di credenze e pratiche magiche ed oracolari si ritrovano tardivamente, dal tardo paleolitico in poi. Queste concomitanze sembrano deporre a favore dell’ipotesi che tali contenuti costituiscano una componente postuma, derivata dall’elaborazione di precedenti elementi culturali. Queste complesse credenze non emergono di botto, dal nulla, ma sono più realisticamente prodotto di lunghi itinerari di apposizione delle singole componenti formali, realizzatesi in tempi molto lunghi spesso tramite contorti processi di revisione formale. Le pratiche magiche risulterebbero null’altro che un primitivo approdo dell’intelletto umano nelle sabbie mobili di rappresentazioni animistiche già preesistenti. Nessuno sciamano potrebbe infatti invocare un essere spirituale se non fosse già assuefatto ad una visione animistico spirituale della realtà; la magia, le credenze oracolari rappresentano pratiche riconoscibili soltanto in un ambito culturale già strutturato in tal senso, e hanno competenze soltanto in particolari aspetti dell’esistenza quotidiana.
         Nessun cacciatore primitivo rinuncerebbe all’uso della sua lancia in favore di misteriosi poteri attribuiti ad un amuleto per procurarsi la selvaggina. Ma si può far convincere ad immergere la punta della sua freccia in un contenitore di magiche erbe macinate al fine di aumentare l’efficacia del suo tiro con l’arco.
         Il fatto concreto è che magia e quant’altro non hanno mai potuto sostituire una pratica materiale, concreta, ma soltanto contribuire, almeno negli intenti, ad esaltare i risultati di un’attività materiale di per sé già fondamentalmente efficace, razionale, utile. Non dimentichiamo come anche l’uomo debba confrontarsi con la cruda realtà naturale. Le sue attività devono essere comunque corrette ed efficaci, e solo negli ambiti che sfuggono ad una comprensione intellettuale, alle capacità tecniche, o là dove la casualità è forte, sia in un tiro con la cerbottana o nella previsione delle condizioni meteorologiche, la componente magico oracolare può trovare spazio.
         La magia risulta derivare da tentativi non illogici, quanto infondati, di trovare leggi in eventi solo apparentemente connessi tra loro, in realtà causalmente indipendenti. Essa rappresenta un risultato errato di osservazioni empiriche basate su un principio di causa ed effetto, in cui però il soggetto si convince ingenuamente di cogliere collegamenti in realtà inesistenti. La necessità di invocare nel corso degli eventi naturali l’influsso di forze sovrannaturali, piuttosto che accettare spiegazioni naturali non ci autorizza ad affibbiare agli uomini primitivi una mentalità a-logica, ipotesi questa decisamente sconfessata dalle odierne discipline antropologiche. Non è possibile sostenere che l’emersione della dimensione umana dal mondo animale fosse inizialmente approdata ad un illogica e turbinosa percezione della realtà! La scienza ci prospetta un’emersione lentissima delle capacità intellettuali, continuamente sottoposta al vaglio della selezione naturale. Ed i processi evolutivi, sia che agiscano su organi come una pinna, un’ala, un occhio o sulla corteccia cerebrale, devono – senza eccezione esprimere funzioni evolutivamente corrette. Come diceva Lorenz, nella formazione degli organi delle forme viventi: «... si formano delle immagini del mondo esteriore : le pinne e il modo stesso di muoversi dei pesci riproducono le caratteristiche idrodinamiche dell’acqua,... L’occhio, come ha giustamente visto Goethe, è una copia del sole e delle caratteristiche fisiche della luce... ».
Analogamente il nostro sistema nervoso, il cervello rappresentano l’orma logico sensoriale della realtà naturale in cui siamo immersi e di cui siamo costituiti. Quest’osservazione denuncia senza possibilità di appello l’inadeguatezza di quei concetti filosofici in cui, nel passato, si è cercato di rappresentare, seppur senza alcuna evidenza, la natura stessa dell’uomo, della mente e dei processi culturali, immaginando l’emersione della consapevolezza umana da inesistenti nebulosità animali. Ne consegue che l’approccio dell’uomo al sacro deve essere inteso come gesto ben più intelligente e razionale, come risultato ben più valido di quanto sinora si è creduto. A questo punto appare necessario introdurre un altro interessante aspetto del problema. Questa ricostruzione dell’origine delle religioni appare sulle prime in netto contrasto con l’idea marxista del sacro, che costituisce una delle più ostiche e rappresentative posizioni del pensiero ateo. Eppure la nostra divisione in teoetotomie e religioni, che esprime un contenuto positivo all’intuizione religiosa ha in riserbo una importante sorpresa per il marxismo. L’analisi marxista, alla base di una filosofia atea per eccellenza come tutti sanno, esprime un rifiuto netto ed un giudizio negativo delle religioni, attribuendo tale esperienza ad una vera e propria degenerazione socio economica. Disse Marx: «La miseria religiosa esprime tanto la miseria reale quanto la protesta contro questa miseria reale. La religione è il gemito dell’oppresso, il sentimento di un mondo senza cuore, e insieme lo spirito di una condizione priva di spiritualità. Essa è l’oppio del popolo.  
   
       La soppressione della religione in quanto felicità illusoria del popolo è il presupposto della sua vera felicità. La necessità di rinunciare alle illusioni sulla propria condizione, è la necessità di rinunciare ad una condizione che ha bisogno di illusioni. La critica della religione è quindi, in germe, la critica della valle di lacrime, di cui la religione è l’aureola
». Secondo Marx, la fede nell’aldilà deriverebbe non da una congenita necessità umana, ma rappresenterebbe una reazione di rigetto, di protesta dell’individuo nei confronti della società classista in cui le classi dominanti, sfruttatrici delle classi proletarie, si appropriano dei mezzi di sussistenza e delle risorse naturali. Marx sostiene poi che queste società siano apparse nella storia umana solo in tempi recenti: la liberazione del proletariato teorizzata dal marxismo dovrà dunque condurre all’abbattimento di questa gigantesca illusione. Il vento rivoluzionario del marxismo portò con sé folate di anticlericalismo che assunsero una violenza inaudita nel clima storico sociale del primo novecento a causa del risalto che l’ateismo aveva assunto in Europa per opera di autori atei come Nietzsche, Freud e grazie agli entusiasmi che le teorie scientifiche, su tutte la teoria darwiniana, avevano sollevato negli ambienti culturali occidentali. Il marxismo irruppe sulla borghesia cattolico protestante occidentale come demoniaca avanguardia di un colossale attacco dell’ateismo; un’offensiva che sembrò cristallizzarsi nella rivoluzione russa, nell’ascesa del marxismo leninismo e nello spettro del comunismo. Bagliori sinistri iniziarono a stagliarsi là, oltre l’orizzonte del levante: la presa emotiva di questi movimenti, gli orribili eccessi che hanno prima segnato il violento sviluppo e poi il declino, inevitabile, del comunismo mondiale, hanno fatto riconoscere la dottrina marxista e la sua visione materialistica della storia e dell’uomo forse come la più clamorosa e tangibile manifestazione dell’avvento di una visione laica dell’uomo e della storia. La distruzione definitiva del pensiero religioso, l’avvento della società laica, materialistica per eccellenza, la morte di Dio drammaticamente urlata da Nietzsche, rimbombò tragica ed apocalittica in ogni angolo del mondo, sinistro presagio alle orecchie della borghesia e del clero. Per la prima volta le religioni occidentali dovettero fronteggiare una corrente di pensiero ateo che si stava diffondendo in masse enormi di uomini: l’opposizione non era più costituita da un pugno di filosofi ribelli da ridurre al silenzio. Lo scontro sfociò nelle piazze. A causa delle implicazioni sociali ed economiche sollevate dalla critica marxista, la disputa coinvolse la classe operaia sfruttata e sottomessa ad una classe apertamente sostenuta dal clero. Fu proprio il carattere di classe con cui le masse furono coinvolte in questo gigantesco movimento che condizionò, con una validità che forse sfugge tuttora, la diffusione e la ricezione del marxismo e prese la mano a chi avrebbe dovuto gestire questa rivoluzione. Ma ora vediamo come stanno i fatti, e non le ideologie. Le ricerche etnologiche e paleo etnologiche hanno fornito una ricostruzioni delle originali credenze religiose e delle società in cui ciò vide la luce, davanti alle quale le ipotesi marxiste si sgretolano irrimediabilmente. Innanzi tutto le religioni sorsero molto prima che si affermasse la prima le società classista! Esse sono perenti infatti anche in società senza classi, e questo tipo di società è anteriore alle società classiste di migliaia e migliaia di anni. Ecco una prima evidenza del grave errore di Marx. Eppure Marx è nel giusto quanto parla di alienazione e oppio dei popoli e quando analizza i contenuti dell’idea di una vita d’oltretomba dove ognuno verrà giudicato per il suo agire.
         C'è da fare a tal pro una considerazione importante, che ci permette di valutare la profonda novità e capacità esplicativa della proposta  interpretativa del fatto religioso che stiamo avanzando.

        Alla luce della nostra distinzione tra teoetotomie e religioni, possiamo infatti gestire in modo molto più oggettivo la questione dell’emersione del sacro, e superare di slancio, senza lasciarci minimamente invischiare, l’atteggiamento stucchevole, inconcludente e fazioso che sinora ha rappresentato la costante – ed una doppia tara ideologica per il problema in sé – di ogni lavoro prodotto sul tema. Infatti è possibile osservare e comprendere da ben diversa prospettiva, il perché tutti gli autori di formazione teistica cerchino di retrodatare all’indietro nei tempi di evoluzione umana – spesso anche oltre il lecito – l’origine del sentimento religioso, mentre autori di formazione materialistico marxista cerchino, ovviamente, di postdatare il più possibile verso tempi recenti l’emersione del fatto religioso.
        I primi, così facendo tendono a far intendere il sentimento religioso sempre più come aspetto universale, che dovrà dunque comparire inevitabilmente, quasi necessariamente, a prescindere dai contenuti dell’organizzazione socio culturale, cercando così di smentire i contenuti teorici della controparte, che riconduce solo ad influenze socio culturali l’emersione di tale sentimento. La controparte a sua volta, cercando di riconoscere il più tardivamente possibile tale contenuto, fa di tutto per imputare tale sentimento, in ossequio al pensiero marxista, solo a culture recenti – in particolare quelle classiste. Da questo deriva una cospicua frazione dell’incomprensione e dell’opposizione insanabile trasmessa da entrambe le ideologie ad ogni discussione sul tema. Ora sono quanto mai chiare nella loro insipienza le strategie ideologiche che hanno contraddistinto il pensiero e gli atteggiamenti di entrambi gli schieramenti, e loro inconsistenza.L’errore di Marx è ben comprensibile alla luce della suddivisione in teoetotomie e religioni: malgrado l’acutezza mostrata nel sottolineare l’alienazione dovuta alle religioni moderne, Marx ha commesso l’errore di considerare un particolare tipo di religione, e precisamente le teoetotomie, i modelli (A), come forma canonica del sacro. Egli non era a conoscenza della differenza tra religioni e teoetotomie e siccome tutti i modelli religiosi che poteva osservare nella sua società erano senza eccezioni delle teoetotomie, concluse che queste fossero espressione canonica e fondamentale di una credenza religiosa. Il che, come abbiamo visto, non è affatto vero.
   
       Marx seppe genialmente cogliere il significato socio economico delle teoetotomie moderne ma non riuscì a capire il vero risalto di questi sistemi. Qual è allora la sorpresa? Semplice: la critica marxista è corretta non quanto critica all’intero universo del teismo, ma deve essere ridotta a critica e condanna dei soli sistemi teoetotomistici. Nel contempo, la validità del pensiero di Marx è tutta nell’aver compreso quanta e quale alienazione socio individuale deriva dalle teoetotomie. Il limite, e l’errore, di Marx risulta nella direzione verso cui ha indirizzato la sua critica, in grado di sconfessare sistemi sicuramente importanti, ma non universali: le teoetotomie Cattolica e Protestante in particolare.  
         L’errore è che mentre Marx sosteneva – sbagliando – che: «La distinzione tra materia e spirito, e quindi anche tra anima e corpo, è sconosciuta alla comunità primitiva. Essa nasce soltanto quando la famiglia umana si scinde e alla forma d’organizzazione basata sulla divisione egalitaria del lavoro e dei prodotti dell’uomo succede una società fondata su alcuni tipi di accumulazione privata e sulle prime differenziazioni di classe», e che «... L’idea del trascendente, del soprannaturale, ha un’origine perfettamente chiara. Non nasce con l’uomo, come manifestazione di un’esigenza che è sempre esistita e sempre esisterà: ma è entrata nella coscienza dell’uomo come conseguenza della lacerazione che la struttura di classe ha introdotto nella sua esistenza», in realtà avrebbe dovuto rivolgere queste critiche non all’idea del sacro in generale, alle generiche ipotesi dell’esistenza di Dio e dell’oltretomba. Ma solo ed esclusivamente alle particolari, e niente affatto universali, ipotesi di un Dio creatore e censore, di una vita d’oltretomba condizionata all’obbedienza dell’uomo nella vita terrena alle volontà di divinità teoetotomistiche,  sostenute da un clero teoetotomista coinvolto in una stretta connivenza con le classi dominanti borghesi.
   
      Una generalizzazione indebita. Queste teoetotomie non rappresentano l’intero teismo. Sono solo una frazione parziale del polo teistico. Si sono costituite solo a partire da tempi recenti, e solo parallelamente allo sviluppo delle società storiche: così alle società schiavistiche della mezza luna fertile corrisponderanno le lugubri divinità babilonesi, le solari divinità egiziane. Nelle società feudali si imporrà il ferreo potere del clero medievale e la società capitalistica assimilerà linfa vitale dall’ascetismo protestante e calvinista e così via. Questo è quanto ci dicono i fatti e la storia.
   
      Avvalendoci della dicotomia tra religioni e teoetotomie, è dunque possibile introdurre un’ulteriore alternativa al tema, capace di deviare la discussione tra ateismo marxista e teismo dalla reciproca chiusura dogmatica correggendo in modo singolare l’errore del Marx. Il marxismo ortodosso attribuisce l’emersione del sentimento religioso, in particolare la fede in un mondo ultraterreno, all’affermazione di una società classista in cui si realizza la suddivisione coatta del lavoro, si afferma la proprietà privata, e si ha il controllo e lo sfruttamento di larghi ceti sociali da parte di esigue classi di potere. Secondo il marxismo nelle comunità preclassiste, o pre urbane, ciò non si sarebbe dovuto realizzare, mancando i fattori socio culturali in grado di essere elaborati e trasferiti in modelli teologici. Il passaggio dalle società preclassiste a quelle classiste, o urbane, sarebbe l’elemento saliente dell’emersione del teismo, la grande trasformazione socio culturale a cui correlare direttamente l’origine delle credenze e pratiche sacre.
   
      Ma ciò non è. Questo non è vero: innumerevoli dati paleo etnologici dimostrano che nelle società preclassiste esistevano tranquillamente credenze religiose, e da tempi immemorabili già si contemplavano divinità, idee animistiche e concetti di vita nell’oltretomba. Il fatto è che nelle società classiste non si assiste alla scoperta di tutto ciò ma si attua solo ed esclusivamente una pesante ed infausta trasformazione, una vera e propria involuzione che condurrà all’alienazione correttamente denunciata da Marx. La portata della sua intuizione è nell’aver collegato aspetti apparentemente distinti tra loro eppur profondamente connessi, e dall’immediatezza con cui fece comprendere il senso dell’alienazione dovuta a tali realtà socio esistenziali. Ma questo implica che è necessario fare un’ulteriore osservazione. Sembra dunque che Marx avesse ragione a parlare di alienazione religiosa. Solo che… aveva sbagliato obiettivo. Se quest’alienazione non sembra essere presente nei sistemi religiosi, ma solo in quelli teoetotomistici… da cosa deriverà tale trasformazione? E che rapporti si hanno tra modelli religiosi e teoetotomistici da un lato e società preclassiste e classiste dall’altro?  
         La separazione tra religioni e teoetotomie deve essere a questo punto correlata alla suddivisione tra società preclassiste e classiste. Ebbene, questo è molto più facile e documentabile di quanto si possa pensare. Lo schema 3.2 riporta la soluzione che emerge da estesi dati etnologici sulle varie società umane.

                                         Schema 3.1                                                                Schema 3.2

Si noti la collocazione della linea (rossa) di demarcazione tra società A-classiste – o Pre classiste – e Classiste (o, secondo un’altra terminologia tra società pre-urbane ed urbane) che circoscrive il polo delle teoetotomie e lascia al suo esterno (in basso e a sinistra nello schema 3.2) quello delle religioni.  
         Questa distinzione tra in due classi indica parallelamente a quale trasformazione socio culturale si ebbe la transizione teologico filosofica con cui si originarono le teoetotomie. Associando la forma religiosa alle società preclassiste, si pone una netta eccezione nei confronti della critica marxista, ma questo al solo fine di sostenere, e in termini ben più ampi del marxismo, l’estensione e la gravità della lacerazione introdotta nell’animo umano dall’accettazione di una dottrina teoetotomistica. Lo sviluppo delle società classiste non avrebbe portato l’uomo ad accedere per la prima volta all’idea dell’esistenza di entità spiritualistiche o dimensioni ultraterrene; piuttosto comportò una tragica involuzione di l’uomo aveva precedentemente vissuto, con ben altri contenuti, l’esperienza religiosa. Questa radicale trasformazione si ebbe parallelamente ad un’analoga trasformazione dei caratteri della divinità, e di conseguenza del rapporto tra questa e l’uomo; dunque non un’emersione di concetti religiosi, quanto una distorsione negativa del significato di concetti di divinità ed aldilà sicuramente preesistenti. Questo negativo evento proiettò l’uomo in una realtà lacerante, nella quale venne spogliato eticamente, privato dei più inalienabili ed universali diritti e prerogative, della sua dignità.
         La nostra ricostruzione delle forme di religiosità collima con la critica marxista solo nella valutazione dei sistemi teoetotomistici ma sostiene nel contempo che nelle religioni non si realizzerebbero le condizioni di alienazione e condizionamento sociale generate dalle teoetotomie delle società classiste. Ciò porta a confermare l’esistenza dell’alienazione dei sistemi teoetotomistici senza però concludere che si possa associare alienazione umana a teismo in generale e ci induce a ridefinire le accezioni ipotesi atee e teiste, dunque a riformulare il profilo del credente con nuove concezioni. Nello schema 3.3 riportato in fondo a questo capitolo si mettono per l’appunto a confronto le tre opzioni: atea, religiosa e teoetotomistica. Si notino i diversi colori usati per l’ortodosso canone
ateo e teoetotomista e come nelle religioni ove il ricorso ai rispettivi colori è finalizzato a sottolineare singole analogie con ciascuno di questi canoni, a fianco ovviamente alle sostanziali differenze ed originalità (il colore rosa usato per la classe religioni) , non si abbia una semplice, vuota e banale media ma una composizione unica ed ineguagliabile dei singoli tratti che tratteggiano una figura radicalmente nuova, la quale comunque presenta delle similitudini forti con alcuni degli aspetti tipici sia del polo teistico che ateistico.È chiaro che non si pensa di poter sanare la frattura filosofica tra ateismo e teismo, ma è ora possibile capire come fino ad oggi il confronto tra ateismo e teismo sia consistito in realtà in un’opposizione parziale e filosoficamente limitante tra ateismo e teoetotomie. Questo perché il Cattolicesimo, il Protestantesimo e le altre teologie teoetotomistiche delle società più prossime alla nostra hanno monopolizzato l’attenzione degli studiosi, mentre le dottrine delle civiltà meno progredite, primitive sono state intese in una deformante prospettiva evoluzionistica solo come primitivi, grezzi abbozzi proto-teologici rispetto alle superiori teoetotomie universali delle società più progredite. Un pregiudizio fondato solo sulla presunzione etnocentrica che tutto ciò che sia proprio della nostra società rappresenti la forma migliore, più evoluta di qualsiasi altro aspetto. Come vedremo invece sotto questo profilo gli attuali sistemi teologici risultano decisamente involuti rispetto alle religioni dei popoli primitivi. Concludendo: le teologie della civiltà occidentale sono collocabili, alla luce della presente classificazione, nella classe delle teoetotomie. Questi sistemi sarebbero cronologicamente di molto successivi alle religioni delle società primitive e non sorgerebbero affatto quale inevitabile evoluzione formale dalle prime, ma solo in conseguenza di una profonda distorsione dei principi teologici: una degenerazione involutiva che, purtroppo, ha avuto una diffusione universale parallelamente all’espansione socio economica delle società classiste.
        
Ed eccoci giunti ad un altro quesito: come sostenere che le teoetotomie rappresentino una involuzione rispetto alle religioni, quando le prime mostrano una maggiore diffusione e risultano associate a società e culture all’avanguardia economica, tecnologica e scientifica nell'intera storia del genere umano?
        
Una valida risposta deriva dall’analisi delle relazioni tra l’edificio teologico ed i tratti più caratteristici della personalità di base diffusa nella società, da cui emerge la capacità anche del fattore religioso d’influenzare le manifestazioni socio economiche, filosofiche della stessa nella lotta per l’esistenza. Le distinte classi teologiche rispecchiano diverse realtà socio economiche e culturali: troviamo edifici religiosi esclusivamente in società non classiste mentre le teoetotomie sembrano essere diffuse soltanto in società classiste. Mentre nelle religioni è possibile l’emersione di una positiva personalità umana, nel polo teoetotomistico si assiste ad un’involuzione della figura umana che regredisce al rango di schiava ed inerte creatura peccatrice. Vedremo più avanti maggiori dettagli su questo argomento. E passiamo ora a Darwin.

ATEISMO

---------------- TEISMO ----------------

Religioni

Teoetotomie

ATEO

RELIGIOSO

TEOETOTOMISTA

Eticamente indipendente

Eticamente indipendente nei confronti della divinità

Eticamente dipendente nei confronti della divinità

Affronta liberamente la vita in base alla propria ragione esperienza, sapienza, biologia limitandosi alla propria immanenza.

Affronta liberamente la vita in base alla propria ragione esperienza, sapienza, biologia   integrando tutto ciò con la consapevolezza della sua presunta trascendenza senza alcun condizionamento etico di tipo trascendente. 

Affronta liberamente la vita subordinando la propria ragione esperienza, sapienza, biologia alla autorità ed alle norme etiche dettate, imposte dalla divinità al fine di salvaguardare il suo destino ultraterreno.

Vede nell'evento della morte il termine estremo del suo essere, della propria individualità e di conseguenza imposta la propria esistenza mirando a massimizzare l'unico e angusto spazio immanente della sua vita.

Vede nell'evento della morte il passaggio verso una probabile, incondizionata vita d'oltretomba, verso la beatificante conoscenza della divinità, dell'assoluto che ha intuito nella sua esistenza una porta dalla quale potrà accedere senza condizioni ad una dimensione fantastica d'abbondanza e conoscenza.

Vede nell'evento della morte il passaggio verso una probabile vita d'oltretomba, ma anche il termine degli eventi terreni, mondani che determineranno, forse irrimediabilmente, il destino d'oltretomba e per i quali dovrà subire dopo la propria morte un giudizio divino estremo ed inappellabile.

Schema 3.3

 

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