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La fine del mondo, la parusia
Si tratterà in modo decisamente minimale questo tema. La traccia interpretativa è oramai fondata ed i due capitoli finali di questa sezione del sito, di cui si è rimasti a lungo indecisi addirittura sull'eventualità di una loro pubblicazione, risulteranno ancor più stringati e sintetici. Il motivo è semplice: si sono esauriti gli ambiti in cui una qualche validazione o qualche indiretta corroborazione sia possibile. Oramai, è pienamente evidente di quanto ci si sta spingendo nella metafisica, nella congettura più pura. Ed è un campo dove la consapevolezza di esprimere solo alcune e contingenti congetture vuoti personalismi diventa un incubo devastante, a cui non si vuol ulteriormente sottostare.
Per questo le successive trattazioni saranno quasi pervase da una frenesia, da una brama di sintesi che per taluni sembrerà sfiorare, abituati come sono ad esegesi decisamente maniacali, letterali od addirittura fonemiche, sicuramente espressione di genericità e superficialità. Ma ciò è solo conseguenza della consapevolezza di essersi spinti già troppo oltre per i propri gusti filosofici, il proprio metodo ed i propri fondamentali principi agnostici, mai domi.
Ci si fa da parte a questo punto, e si lascia ad altri la scena. Si arriva fin qui. Oltre non interessa: quel che si voleva delineare è delineato. Ora si passa si spera agli altrui giudizi
In molti passi dei Vangeli si è voluta vedere la profezia di un'apocalittica fine del mondo, nella quale Gesù Dio apparirà nei cieli a giudicare ogni uomo per le colpe commesse e per dividere i dannati, destinati al fuoco eterno, dai giusti, che verranno condotti nel Paradiso dei beati. (Mt 24, 4-31; Mc 13, 5-27; Lc 21, 8-28)
Questa tematica escatologica di Dio che scende in gloria, sovrano, sulla terra, magnificamente rievocata dall'imponenza e plasticità del Giudizio Universale della cappella Sistina in Roma, è invero comune alle varie dottrine teoetotomistiche conosciute. Basti pensare alle ricorrenti riunioni «estreme» dei Testimoni di Geova, sempre comicamente finite in vergognosi rientri alla vita quotidiana... almeno sino alla fine prossima ventura.
Essa rientra comunque in un'attesa, una disposizione profonda dell'individuo ben diversamente inquadrabile ed intendibile con strumenti psicoanalitici come «fisiologica» reazione a specifiche situazioni esistenziali. Questi culti sono antropologicamente conosciuti come culti millenaristici, e se ne hanno testimonianze diffuse nelle varie culture conosciute ad esempio il «revivalismo» ed il «culto del cargo» etc.1
Dunque non c'è nulla di originale in quest'interpretazione. Ma non è un problema poiché, ancora una volta, possiamo avanzare la tesi che i Vangeli non parlano necessariamente di ciò. Osserviamo per un attimo lo stile espositivo della famosa profezia di Daniele (Dan 9, 24-27).2
In essa vediamo riuniti eventi tra loro slegati, cronologicamente distanti tra di loro. È quasi un sogno in cui compaiono personaggi ed eventi senza alcuna relazione tra di loro, pur se l'insieme presenta una certa trama coerente. Ebbene anche le «profezie» di Gesù mostrano tale aspetto.
In Mt 24, 4-14 si parla di guerre, catastrofi, sconvolgimenti e carestie. Si andranno ad esempio a moltiplicare, stante le parole di Cristo, iniquità ed odio, fin quanto la «lieta novella» sarà annunziata a tutte le genti. Una diffusa sensazione attuale è quella che tale tempo sarebbe ormai prossimo da compiersi stante l'universale diffusione dell'insegnamento cattolico nel mondo. Ma... non è stata diffusa la «lieta novella»! Ancora Mt 24, 15. Si parla qui del poter vedere «... in luogo santo l'abominio della desolazione, annunziato dal profeta Daniele».
Attualmente si intende tale contenuto della profezia alla luce della presa di Gerusalemme del 68 d.C. vedi anche I Macc 1, 54, dove si riporta una simile espressione per descrivere la presa di Gerusalemme da parte di Antioco Epifane nel 167 a. C., e l'edificazione della statua di Giove olimpico, detto «Baal-Shamain» sull'altare degli olocausti.
Eppure in Mt 24 ci sono altri aspetti profetici che, seppur nell'insieme, come si diceva frammentario, della profezia, non possono venir ignorati. Prendiamo ad esempio Mt 24, 21-22: «Infatti, vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai c'è stata dall'origine del mondo fino ad ora, né mai vi sarà.
Se non fossero stati abbreviati quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Tuttavia, a causa degli eletti saranno abbreviati quei giorni».
È chiaro che tali affermazioni non possono minimamente esser riferite ai tragici fatti della summenzionata occupazione del 68 d. C., vuoti tra l'altro di qualsiasi senso teologico da collegare alle vicende evangeliche, alla missione redentiva di Gesù, anche alla luce riferimento forse banale ma fondato della gravità e del risalto di tutte le tragedie, i massacri che la storia umana successiva, purtroppo, può proporre.
Queste affermazioni debbono invece esser tenute in debito conto, nella debita connessione, per non perdere il senso dell'intera profezia. A tal pro non bisogna tralasciare anche il seguito della stessa e precisamente Mt 24, 29-30: «Subito, dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non più darà la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze celesti saranno sconvolte».
Ritorniamo allora alla profezia di Daniele e precisamente a Dan 9, 27:
«... per mezza settimana farà cessare
sacrificio ed oblazione.
Sull'ala porrà l'abominio
del devastatore
finché la distruzione decisa
non si riversi sul devastatore.»
Questi brani sono visti nell'esegesi classica quali riferimenti dell'estremo sacrificio di Gesù sulla croce in base a tutta una numerologia ed una ricostruzione cronologica che conduce proprio agli anni della sua vita.3
Ora, c'è un altro passo estremamente importante di tale profezia: Mt 24, 34: «In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose accadano.» La «grande tribolazione», la più grande della storia, sia del passato che del futuro, dovrà avvenire nella generazione di quei tempi: era imminente, alla portata degli astanti, di coloro che dunque ascoltavano e vedevano Gesù, dei suoi contemporanei. «Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte» (Mt 24, 33).
Se dunque ci si riferirebbe ad una tribolazione che avesse investito l'umanità, si dovrebbe concludere che tale profezia non si fosse avverata? A tal proposito si è avanzata sia l'ipotesi di un'accezione più ampia del termine «generazione», riferendosi in senso lato addirittura all'intero genere umano in tutta la sua esistenza terrena, ed ampliando di conseguenza di molto i termini temporali in cui collocare tali eventi una fine del mondo lontana nel futuro: la parusia? , od addirittura ipotizzando un «errore umano» di Gesù!4
È interessante allora osservare come, tenendo in particolare evidenza i passi suddetti, si possa giungere ad una lettura alternativa della profezia limitandosi ad una semplice variazione sul «chi» dovrà subire la «tribolazione» di Mt 24, 29.
Basta sostituire l'umanità implicitamente, comunemente intesa in tutto ciò, a seguito anche dei brani Mt 24, 16-20; 24, 22, con lo stesso Gesù-Dio, per ottenere un risultato profondamente diverso quanto sorprendentemente esaustivo dei contenuti di tale profezia, estremamente denso sotto il profilo teologico ed escatologico:
«Quando vedrete Gesù Dio, il Cristo, essere dato alle mani ai suoi aguzzini, inchiodato alla croce ed ucciso, subire volontariamente e coscientemente, senza sottrarsi in alcun modo, tanto dolore, cosa che, lui Dio avrebbe potuto ben fare «... pensi che io non possa far appello a mio Padre, che mi offrirebbe subito più di dodici legioni di angeli?
E come si adempirebbero le Scritture secondo le quali così deve avvenire?» (Mt 26, 53-54) ), quando potrete sentire l'urlo lancinante della carne torturata, violata, l'estremo soffio di vita che sfugge dalle sue labbra sulla croce, [... una tribolazione grande, quale mai c'è stata dall'origine del mondo sino ad ora, né mai vi sarà]. Nella città santa, Gerusalemme [... l'abominio della desolazione: Dio inchiodato nella città santa per opera dell'uomo], dopo tre giorni [... saranno abbreviati quei giorni], da lì a venire, sarà imminente, con la resurrezione dello stesso, la definitiva redenzione dell'umanità dal peccato, dal Maligno [... sull'ala [la croce] porrà l'abominio del devastatore finché la distruzione decisa non si riversi sul devastatore]. Subito dopo quella tribolazione il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce. [«Dall'ora sesta all'ora nona si fece buio su tutta la terra» (Mt 27, 45)]
Le potenze del cielo [le false divinità delle teoetotomie]5 saranno sconvolte, ed allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo [la croce, su cui Gesù-Dio fu violentato ed ucciso per mano dell'uomo, che si stagliò nel cielo di Gerusalemme, all'orizzonte del Golgota, in quel triste e tragico pomeriggio dell'anno 33 dell'era cristiana] e le tribù della terra vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo. E tutto questo avverrà nella presente generazione.
È interessante a tal pro il seguente brano relativo al processo di Gesù, arrestato nel Gethsemani, dinnanzi al sinedrio: «E Gesù a lui (il sommo sacerdote n.d.a.): Tu l'hai detto. Anzi io dico a voi: fin da ora vedrete il Figlio dell'uomo sedere alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo.» (Mt 26, 64) Ed ancora Mt 16, 28: «In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non gusteranno la morte prima di vedere il Figlio dell'uomo venire col suo Regno».
Giovanni ci riporta anche, a tal pro nel colloquio tra Gesù e Nataele: «In verità, in verità vi dico: Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sul Figlio dell'uomo» (Gv 1, 51).
Con questi eventi Gesù completò la parte «viva», terrena della sua missione e rese possibile l'atto successivo, il più misterioso e prodigioso: la sua resurrezione. I giorni abbreviati di Mt 24, 22 possono esser proprio i giorni, tre, che separano la sua morte sulla croce del Golgota dalla sua resurrezione dai morti.
Da lì in avanti l'uomo potrà contare compiutamente, come mai era stato possibile prima, sullo Spirito Santo, sulla venuta del Regno dei Cieli, nella misura in cui accetterà per fede in cuor suo e nelle sue manifestazioni la «buona novella»: il suo spirito, la sua verità e le sue idee, in cui Gesù si perpetuerà per gli eletti (Gv 7, 37-39; 14, 16-18), che è tra noi, incompreso e sconosciuto da 1964 anni6 e che invece si aspetta ancora, con gli occhi al cielo abbagliati da una fuorviante e discutibile interpretazione di tali brani.
La fine preannunciata in quelle visioni non è dunque quella del mondo che l'astrofisica e l'astronomia ci dicono avverrà ben oltre l'estinzione della specie umana quanto del Regno delle Tenebre, di Satana (Lc 10, 18): il superamento delle teoetotomie.
La parola di Gesù, le sue verità, solo questo dividerà implicitamente gli uomini, le loro opere, il loro spirito: i giusti verso la gioia eterna, gli altri verso la contrizione interiore, la presa di coscienza delle loro opere peccaminose, i loro errori, le loro iniquità, ormai fissati nell'eternità immutabile del passato delle loro esistenze trascorse.
Come si vede, ipotesi per ipotesi anche la presente ipotesi che verrà sicuramente intesa come stravagante o immonda da chi si può immaginare ha possibilità di esprimere una valida «aderenza» e consonanza anche alle parti più difficili e critiche o reputate tali dei Vangeli.
Ecco il significato dell'intenzione di sviluppare una «simulazione esegetica», che sicuramente implica modalità analitiche e condotte interpretative epistemologicamente irrilevanti, filosoficamente criticabili e quanto meno da intendere con sano scetticismo sia alla luce dei propri, personali principi agnostici che in generale della condivisa filosofia laica visto quel che questo modo di procedere ha causato sinora e sta ancora causando nel mondo, si comprendono perfettamente le forti perplessità, in particolare in ordine ai fondamenti metodologici di questo approccio, che da esso proverranno.
Si pensa e si spera che l'intento sia stato condotto con la debita prudenza ed attenzione proprio in relazione a questi timori condivisi in toto. Ma ancor più cresce un convincimento che si possa sostenere con sempre più vigore l'eventualità di una competizione intestina tra questa e le altre metafisiche tale da condurre ad uno scontro epistemologico filosofico il più diretto possibile nei sensi invocati sin dall'inizio, di cui in fin dei conti beneficerà... innanzi tutto il mondo laico.
Ora l'alternativa c'è. Indigesta a certi soggetti. Ma c'è E definisce, per la prima volta nella storia, una cornice metafisica, una logica ed una disposizione prettamente agnostica, laica nell'identificare in modo non più fideisticamente condizionato il concetto di Teismo tout court. Finalmente la questione filosofica teismo/ateismo/agnosticismo può essere condotta su di un piano del tutto inedito.
Non è affatto un risultato da snobbare...
Note:
1 Marwin Harris, Op. Cit., [1990], pag. 269 e ss.
2 Vittorio Messori, Op. Cit., [1976].
3 Ibidem; La Sacra Bibbia. Vecchio Testamento. Vol. II, Sel. dal Reader's Digest, Unione Tipografica ed. Torinese, Garzanti, Torino, 1968, pag. 70 delle note.
4 Hans Kung, Op. Cit., [1976].
5 Si è già visto nelle precedenti opere, riportate nelle altre sezioni del sito, come le divinità teoetotomistiche, eticamente vigili siano derivate da divinità meteoriche, che la fantasia umana, rispetto alle precedenti divinità non etiche, spesso collocate nel sottosuolo, mari, in alberi, rocce, antri etc., iniziò a collocare generalmente nei cieli luogo d'elezione per un controllo «visivo» fine dell'operato umano. Le prime divinità «celesti» anticiparono storicamente di poco l'emersione delle teoetotomie
6 Questa frase è stata volutamente lasciata così come fu scritta nel anni 1984 (circa). Il riferimento temporale è conseguente.
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